sabato 3 dicembre 2011

Viral Marketing: attira traffico verso il tuo sito



Ciao, oggi voglio illustrarti una strategia di Viral Marketing che può aiutarti ad umentare la tua Link Popularity velocemente ed in modo totalmente gratuito. Una delle più potenti strategie per attirare traffico gratis verso il proprio sito è quella dei commenti, in tanti la conoscono ma in pochi la sfruttano, da pochi giorni ho aggiunto un plugin al blog che potrebbe esserti utile in tal senso, i Top Commentatori! Vediamo insieme come sfruttare al meglio questa strategia…
 

Quando vai su di un blog, alla fine dell’articolo ti troverai il form dei commenti, dove oltre al commento vero e proprio ti verrà chiesto di inserire il tuo nome, l’email ed il tuo eventuale sito web, questo perchè?

Perchè una volta pubblicato il commento, il lettore se riterrà il tuo intervento valido potrà decidere di cliccare sul tuo nome e di conseguenza verrà indirizzato al tuo sito web, diventando così un tuo possibile cliente o seguace, tutto questo al costo di zero euro!!!

Questa strategia se usata nel giusto modo può regalarti davero tanto traffico gratuito, naturalmente dovrai eseguirla su più blog. Inoltre ti consiglio di privileggiare i blog con la classifica dei Top Commentatori, grazie alla quale saresti visibile su tutte le pagine del blog.

Se ritieni che questo articolo possa esserti stato utile lasciami il tuo commento ed inizia a sfruttare questa favolosa strategia di viral marketing del tutto gratuita.

Lasciandomi il tuo commento potresti entrare a far parte dei Top Commentatori ed essere visibile da subito a tutti i miei lettori.



Ciao e Buon Business.

giovedì 1 dicembre 2011

Acquistare online con serenità



ATTENZIONE A CHI CHIEDE LE COMMISSIONI SULLE CARTE DI CREDITO E ACCETTA RICARICHE POSTEPAY. Dopo molto tempo che opero online, mi sento di voler condividere con voi alcuni elementi fondamentali riguardo gli acquisti online, cominciando con il metodo di pagamento più diffuso: la carta di credito.

LE COMMISSIONI SULLE CARTE DI CREDITO
Pagare una cifra fissa, o una percentuale per per avere la possibilità di effettuare un’operazione d’acquisto con la carta di credito è legittimo? Ci sono dei dubbi (le commissioni applicate dai principali circuiti di pagamento elettronico difficilmente superano il 2%), ma quanto meno l’Antitrust ha imposto che questa informazione non sia nascosta e scorporata dal prezzo “civetta” che compare cercando gli articoli a cui siamo interessati, ovvero vuoi che ti paghino le commissioni sulla carta di credito? Devi inserirle nel prezzo di vendita o indicarle chiaramente insieme ad esso. Questo come linea almeno di principio, in realtà, avete mai pagato le commissioni sulla carta di credito quando andate al supermercato o a Media World per fare un esempio? Certamente no. Esigete di non pagarle neppure online perché non è permesso richiederle, soprattutto nella forma in cui normalmente viene fatto. Le commissioni vanno inserite dentro i prezzi di vendita o comunque non devono essere nascoste per poi sbucare fuori all'improvviso nel carrello. Le commissioni sulle carte di credito SPETTANO AL NEGOZIANTE!
Poco tempo fa una nota compagnia aerea è stata multata pesantemente proprio perché chiedeva soldi in più per le carte di credito. 



LA RICARICA POSTEPAY
La ricarica postepay è un metodo di pagamento?
Ovviamente no. Nel maggio 2007 poste italiane, proprietarie della carta postepay, hanno ribadito fermamente questo concetto.
Un pagamento consiste in un trasferimento di danaro che miri, a titolo di causa, ad adempiere un'obbligazione. La causa della ricarica è semplicemente una ricarica, non è un pagamento, si favoleggia che un Giudice l'abbia interpretata addirittura come donazione...!
Come funziona? Le ricariche sono atti di approvvigionamento danaro sul conto virtuale postepay per poter poi usare i soldi per pagare! Ogni ricarica fatta è atta all'approvvigionamento conto del titolare, a prescindere da chi è fatta, vige quindi il mandato "fatta in nome e per conto del titolare"! Quindi, se vostra madre ricarica la vostra carta postepay vi ha fatto un pagamento? Certamente no.
Allora se è pagato così un venditore, è stato fatto un pagamento? Ancora no.
Paghi solo se hai atti certi, firmati, dichiarati, non semplici email senza id digitali in quanto sarebbero solo prove indiziarie e non prove documentali (come una dichiarazione scritta dove il venditore scriva e firma dicendoti a fronte del pagamento xxxx ricaricami....ecc...) ed in tal modo hai la prova del pagamento , cioè la ricevuta quietanza emessa dal venditore dove per l'appunto ha confermato il pagamento e non la ricarica! Con tanto quindi di causale contabile!
Da ultimo i pagamenti (vedere diritto bancario e regolamentazioni mercati intermediari finanziari) sono mezzi che fan sì che una persona venga liberata con versamento di danaro a fronte di un acquisto con i requisiti previsti tra cui LA CONTABILE, cioè LA CAUSALE CONTABILE! Ogni pagamento che non dà quietanza perché carente di causale contabile, NON è un pagamento!
LA CAUSALE CONTABILE (CAUSA GIURIDICA), TRA GLI ALTRI REQUISITI RICHIESTI DALLA LEGGE E' ESSENZIALE PER AVERE UN PAGAMENTO ATTO COME TALE A TUTTI GLI EFFETTI DI LEGGE CHE FA PROVA DOCUMENTALE CERTA E NON OPINABILE.
Inoltre, se non c'è causale, come viene registrata la vendita? Potrebbe tranquillamente sparire nel nulla, no? Esattamente, infatti incassare soldi così favorisce l'evasione fiscale.
PostePay è a tutti gli effetti una carta di credito emessa dal circuito VISA, solo che invece di attingere da un conto corrente bancario possiede un fondo prepagato che il titolare "rimpingua" secondo le necessità. L'operzione di ricarica (trasferimento fondi) è un'operazione che è riservata solo ed esclusivamente al titolare. Viene però concessa la possibilità di delegare questa operazione a terzi. A molti sfugge che quando una persona diversa dal titolare esegue una ricarica, lo fa 'in nome e per conto del titolare' come scritto nel regolamento - contratto di PostePay e/o da li desumibili (per il solo fatto che il contratto cita modalita' di pagamento e non prevvede costi e modalita' di atto dispositivo, con costo di 1 euro, cioe' ricarica!) Ciò implica che quando un acquirente firma il modulo di versamento della PP è come se dichiarasse che il denaro era già originariamente di proprietà del titolare ed è stato da lui delegato a versarlo.
Deriva che la ricevuta del versamento non ha alcun valore transativo, ma serve solo per attestare la delega ed il versamento. Il venditore può disconoscere in qualunque momento la correlazione tra l'operazione di ricarica e la vendita della merce in quanto tale atto, a livello contabile, non fa insorgere un debito.
Nessuna carta di credito può essere usata per incassare denaro, ma solo per pagare. E questo vale, ovviamente, anche per PostePay. Il problema, quindi, non è utilizzare la PP, ma utilizzare impropriamente il meccanismo della ricarica come sistema di incasso.

Come si paga con la postepay su internet?

Con pos virtuale (con inserimento dei dati contenuti nella carta) o con sistemi legittimi come paypal, che fungono da pos virtuale.
Se poi prendiamo il caso di un negozio online, la cosa è ancora più grave, perché l'intestatario di una postepay (che può essere SOLO una persona fisica), non coincide con l'azienda alla quale fa capo il negozio. Ciò non è ammesso neppure se l'intestatario della carta coincide con il proprietario dell'azienda. Sarebbe come se per un acquisto a Media World ricaricaste la carta postepay del suo amministratore delegato. Una cosa è la persona, una cosa è l'azienda.
Questo è molto importante alla fine della tracciabilità del denaro e dalla necessità di trasparenza richiesta da tutte le ultime normative.
Concludendo, ricaricare una postepay, oltre che costarvi inutilmente 1 euro per la ricarica, non è un sistema di pagamento legittimo e riconosciuto.
La ricarica postepay come pagamento è il sistema più largamente diffuso per le truffe online e FAVORISCE l'evasione fiscale, proprio perché non è l'azienda ad incassare ma una persona. E' un sistema insicuro e non dà alcun tipo di tracciabilità, né causale, né tantomeno la trasparenza.
Non rendetevi complici di questo mal costume, non ricaricate MAI una postepay di un venditore, perché è illegale. Usate strumenti riconosciuti e legali, pretendete che il venditore paghi le tasse per ciò che vende, come tutti i cittadini e sappiate che le commissioni sull'uso CORRETTO di una carta di credito (pos virtuale classico, oppure paypal o simili) sono A CARICO DEL VENDITORE e NON DEL CLIENTE!
Altri metodi di pagamento legali sono il bonifico bancario, il postagiro, il bollettino postale, il vaglia postale e, ovviamente, il contrassegno.
Spero che queste informazioni risultino utili.
Chi ha un'attività è giusto che paghi quello che deve pagare.
Diffidate di qualunque realtà commerciale che accetti la ricarica postepay o chieda commissioni sulle carte di credito. Non siate loro complici, esigete correttezza e trasparenza, non favorite l'evasione fiscale, né esponetevi al rischio di truffe.
 

(alcune delle informazioni sono riportate sono state prelevate dal web e articoli di settore)

martedì 29 novembre 2011

Pagamenti online sicuri per il commercio elettronico


Come gestire i pagamenti online su un sito di e-commerce? Occorre un pos virtuale. Ecco una panoramica sui vari sistemi di pagamento utilizzabili.

Come sicuramente saprai, il termine e-commerce è l’abbreviazione di electronic commerce (commercio elettronico) e fa riferimento alla vendita di prodotti o servizi su Internet. Per poter vendere online seriamente, occorre creare un negozio online. Superato un certo volume di fatturato infatti, non è più conveniente affidarsi a siti intermediari come e-Bay.

Lo strumento preferito per gli acquisti online è la carta di credito, che risulta essere usata nel 69% dei casi. Ben l’11% degli acquisti online viene effettuato utilizzando PayPal, il 9% pagando alla consegna, il 7% mediante bonifico. Il pagamento alla consegna (in contrassegno) tuttavia, è ancora molto richiesto dai clienti soprattutto in alcuni settori come quello della salute.


Per consentire un pagamento online sicuro, sono possibili tre opzioni: vediamo i tre casi.

Gestisci tutto sul tuo server (server to server)


Questo sistema viene definito “server to server”. In questo caso ci vuole un server sicuro che adotta il sistema SSL su protocollo HTTP (HTTPS), di un certificato digitale rilasciato da un’Autorità di Certificazione (CA) riconosciuta e di un software apposito che si interfaccia al gateway di pagamento delle banche o dei gestori delle carte di credito. Inoltre si è responsabile del trattamento e dell’archiviazione dei dati delle carte di credito. Infine si dovranno gestire i problemi di sicurezza del sito. Inutile dire che, difficoltà tecniche a parte, tutto ciò ha un costo non sostenibile per chi inizia un’attività di vendita online. I prodotti più usati sono i seguenti:

  • GestPay di Banca Sella
  • X-Pay di CartaSì
  • IWSmile di IWBank
  • Virtual Pos di Deutsche Bank
  • MPShop del Monte dei Paschi di Siena
  • Payment Gateway del Consorzio Triveneto
  • PagOnline di Unicredit

Utilizzi il server di una banca


In questo caso non si dovra installare il negozio online su un server sicuro. Non bisognera preoccuparsi di sicurezza, di certificati digitali e via dicendo. Infatti tutto ciò che serve si trova sul server sicuro della banca con la quale si sottoscrive il contratto. Ecco un elenco dei prodotti più usati:

  • IWSmile di IWBank
  • X-Pay di CartaSì
  • Postecommerce di Poste Italiane (attivo solo dalle 6,30 alle 23,30, ma Poste Italiane si occupa del sito, dell’hosting, delle spedizioni, della fatturazione, del conto e dei pagamenti)
  • Pos Virtuale su In Proprio Web di Poste Italiane
  • MPShop del Monte dei Paschi di Siena
  • Payment Gateway del Consorzio Triveneto
  • Pos Virtuale della Banca Popolare di Sondrio

Utilizzi un gestore esterno


Questo è il metodo più semplice, in quanto solitamente è sufficiente registrarsi presso il sito del gestore e installare il bottone dei pagamenti con un semplice copia e incolla. I gestori più usati sono i seguenti:

  • PayPal
  • 2Checkout
  • Moneybookers

Quali conviene usare? Prima di tutto si deve verificare se il servizio da utilizzare è compatibile con il software del negozio online. Fatto ciò, si deve tenere in conto la semplicità, la sicurezza e la convenienza economica dei vari servizi. Vediamo nel dettaglio alcuni di questi servizi.

PayPal

 



  • Attivazione: gratis
  • Canone mensile: gratis
  • Commissioni: 3,4% + €0,35 euro per pagamenti fino a 2.500 euro

IWSmile di IWBank

 

 


  • Attivazione: gratis
  • Canone mensile: 3 euro
  • Commissioni sui pagamenti: 1,8% sul valore dell’operazione

Pos Virtuale su conto In Proprio Web di Poste Italiane

 



  • Attivazione: 200 euro
  • Canone mensile: 15 euro
  • Pagamenti con PostePay: 0,52 euro a transazione
  • Pagamento con Visa/Mastercard: 3% sul transato
  • Piccoli sconti sulle spedizioni (es.: 7 euro + IVA fino a 3 kg)

GestPay di Banca Sella

 



  • Attivazione: 103,29 euro (400 euro se “Verified by Visa”)
  • Commissioni: 4% sul valore dell’operazione (3% se “Verified by Visa”)
  • Canone mensile: a partire da 7,75 euro + IVA
  • Eventuale modulo “server to server”: 500 euro al mese + IVA

Truffe Online: ecco una delle strategie



Fortunatamente la maggior parte degli utenti di Internet sa che piccole e grandi truffe sono all'ordine del giorno. Proprio grazie ad una maggiore attenzione o a causa dello scetticismo, il repertorio e gli stratagemmi dei truffatori sono in continua evoluzione. Da tempo non è più solo l'acquirente a venire truffato, restando senza soldi e senza merce, ma anche chi si appresta a vendere un bene.

Siamo abituati a trovare il "cattivo" dalla parte del venditore, ma i racconti e la casistica più recente ci dimostrano però il contrario.

Scena del crimine: una piattaforma on-line - sia italiana che internazionale - per l'acquisto e la vendita di automezzi di tutti i tipi; autore del reato: l'acquirente; descrizione del delitto: il signor K. Che mette in vendita la sua auto e viene contattato in un italiano stentato da un potenziale acquirente rumeno: disposto - così sembrerebbe - a versare incondizionatamente l'intero prezzo sul conto corrente del venditore italiano. Questo è quanto: ed è troppo. Il venditore italiano riceve poi una telefonata dalla banca rumena dell'acquirente: il presunto bancario racconta in maniera molto convincente di difficoltà nell'effettuazione del bonifico e accenna ad un pagamento di 700,00 Euro che sarebbe necessario per poter accreditare il prezzo sul conto italiano. Inizialmente il signor K cerca di spiegarsi questa richiesta di pagamento con la mancanza dell'Euro in Romania, ma poi prende in mano la cornetta e racconta la vicenda al Centro Europeo Consumatori (CEC) di Bolzano.

Al venditore l'affare sembra concluso e non avrà nessuna difficoltà ad accettare delle soluzioni ad eventuali problemi, anche se dovesse rinunciare ad una parte del guadagno e visto che è una sedicente banca rumena a telefonare, viene anche simulato un contatto personale. Le trappole sono tese a migliaia di utenti di Internet, resta da vedere quanti vi cadranno.



Lo scetticismo ha aiutato il signor K e grazie a racconti analoghi il nostro Centro gli ha confermato i suoi sospetti. Se il signor K avesse ceduto alle richieste dell'acquirente, anche un eventuale tentativo del CEC di contattare la controparte sarebbe stato del tutto ovviamente inutile.

Anche se negli ultimi anni i consumatori si accorgono prima di eventuali rischi e le informazioni preventive sono diventate sempre più importanti, le associazioni a tutela dei consumatori e i consumatori stessi si devono preparare a espedienti sempre più raffinati e imprevedibili dato che - come abbiamo appena visto- il venditore non è più automaticamente la parte forte e già gli annunci stessi possono diventare delle occasioni per un truffatore.

Per maggiori informazioni il Centro Europeo Consumatori (CEC) di Bolzano è a disposizione dei consumatori dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 16 al numero 0471/980939 oppure inviando una e-mail a info@euroconsumatori.org.



domenica 27 novembre 2011

In arrivo nuove normative per il commercio elettronico



È di qualche giorno fa la notizia che la commissione Mercato interno del Parlamento europeo ha approvato una serie di emendamenti alla proposta di Direttiva sui diritti dei consumatori del Consiglio e della Commissione europea.
L’iniziativa legislativa, attualmente in fase di gestazione, si pone l’ambizioso obiettivo di modificare e far confluire in un unico testo normativo le principali direttive UE in materia di diritti dei consumatori e più precisamente quelle relative ai contratti a distanza, ai contratti conclusi fuori dei locali commerciali, alle clausole abusive ed infine alle garanzie dei beni di consumo.

Secondo l’Unione europea, il diverso modo in cui gli Stati membri hanno attuato tali Direttive nei rispettivi ordinamenti ha portato alla creazione di un quadro normativo assolutamente disomogeneo, in cui le regole relative ai contratti conclusi con i consumatori cambiano da Paese a Paese.
Secondo quanto si legge nella Relazione alla proposta, il diverso atteggiarsi delle discipline sulla tutela dei consumatori costituisce un ostacolo al commercio transfrontaliero cui la nuova Direttiva mira a porre rimedio attraverso l’indicazione di regole certe, valide per tutta l’Unione europea.

Al riguardo, non sono poche le norme destinate ad avere un notevole impatto sul commercio elettronico.
Vediamo in breve cosa potrebbe cambiare qualora la Direttiva fosse approvata nella sua attuale formulazione.
Innanzitutto i siti di e-commerce dovranno indicare in maniera chiara nella loro pagina di benvenuto se esistono restrizioni alla consegna in determinati Stati membri, qualsiasi sia la natura di tali restrizioni, inclusi i mezzi di pagamento.
Peraltro, la nuova Direttiva prevede un vero e proprio diritto del consumatore a chiedere al professionista la consegna del bene in un altro Stato membro, qualora ciò sia tecnicamente possibile ed il consumatore accetti di sostenere tutti i costi correlati.

Si allungano anche i tempi per esercitare il recesso.
Oggi il consumatore dispone di un termine di 10 giorni per recedere dal contratto concluso; qualora la proposta di Direttiva fosse approvata, tale termine salirà a 14 giorni, a decorrere dalla consegna della merce, ovvero in caso di più ordini effettuati con un solo click, dall’ultimo bene consegnato.
Pesanti le conseguenze nel caso in cui il professionista non informi adeguatamente il consumatore sulla possibilità di recedere dal contratto: in questo caso, il consumatore può esercitare il proprio diritto di recesso fino a un anno dopo la scadenza del termine ordinario di 14 giorni.
Si accorciano anche i tempi per il rimborso del pagamento ricevuto dal professionista, che passano dai 30 giorni dell’originaria formulazione della proposta agli attuali 14, sempre a decorrere dal momento in cui il professionista ha notizia del recesso.


Il rimborso comprende le spese di spedizione, fatta eccezione per quelle connesse a consegne rapide o comunque diverse dalla consegna standard.
Per scongiurare il rischio che il professionista si trovi a dover restituire il pagamento ricevuto prima ancora di aver ripreso in consegna la merce, è tuttavia prevista la possibilità di subordinare il rimborso alla prova, offerta dal consumatore, che i beni acquistati sono stati restituiti.

L’unico onere a carico del consumatore è proprio quello relativo alle spese di spedizione della merce da restituire al professionista; quest’ultimo, tuttavia, sarà costretto a sopportare anche tale costo qualora il valore delle merce superi l’importo di € 40,00.
La Direttiva interviene anche sulle modalità di conclusione dei contratti, prevedendo che i contratti conclusi mediante l’uso di internet non siano vincolanti per i consumatori qualora gli stessi non confermino di aver preso chiaramente visione del prezzo e di tutte le sue componenti.

Quelle sopra menzionate sono solo alcune delle disposizioni che potrebbero entrare in vigore qualora la proposta di Direttiva fosse approvata nella sua attuale formulazione.
Come si è già detto, quest’ultima è dovuta agli emendamenti inseriti dal Parlamento europeo, che ha accolto le istanze provenienti dal mondo delle associazioni di consumatori.
Non è pertanto escluso che a maggio, quando Consiglio e Parlamento torneranno a votare sulla proposta, il testo della Direttiva subisca ulteriori modifiche in grado di realizzare un più equo contemperamento degli interessi in gioco.

All’indomani dell’approvazione degli emendamenti del Parlamento europeo, infatti, si è levato un coro di voci critiche dalle associazioni di categoria preoccupate dal fatto che i nuovi oneri posti a carico dei professionisti possano comportare un sensibile aumento dei costi ed il conseguente declino del commercio elettronico.
Il dibattito sul testo finale della Direttiva è quindi tutt’altro che chiuso: occorrerà tornarne a parlarne nei prossimi mesi.