martedì 20 dicembre 2011
Facebook: Mark Zuckerberg e le regole sulla privacy
Un anno fa bastò una piccola modifica per sollevare un putiferio in rete: utenti sul piede di guerra e varie minacce di intraprese legali. Tanto che Mark Zuckerberg fu costretto a fare mea culpa nel giro di pochi giorni, promettendo che in futuro qualsiasi modifica sarebbe stata comunicata in maniera trasparente, dando agli utenti la possibilità di dire la propria prima dell'entrata in vigore.
E' passato più di un anno e Facebook ora ci riprova di nuovo a cambiare il "patto legale" che regola il trattamento dei dati personali degli iscritti. Con un post pubblicato sul blog ufficiale, sono state annunciate nuove modifiche. C'è tempo fino al 3 aprile per leggere le proposte e discuterle in questa sezione del sito. Poi Facebook potrà decidere di adottarle, tenendo conto dei suggerimenti arrivati.
Naturalmente non è facile muoversi nel "legalese" dei documenti pubblicati. Accanto a modifiche formali, ci sono anche cambiamenti più sostanziali che potranno avere un impatto rilevante sulla condivisione delle informazioni personali, l'utilizzo che possono farne le applicazioni terze e il nuovo servizio di localizzazione degli utenti.
Molti cambiamenti sono stati inseriti in vista del lancio di nuove funzionalità che saranno annunciate alla conferenza F8 in programma per il 21 aprile. Tra queste ci dovrebbe essere anche la localizzazione automatica degli utenti attraverso il dispositivo da cui si accede (computer o cellulare).
Ma vediamo più da vicino quali sono le novità più importanti presenti nella nuova bozza della "Normativa sulla Privacy" e della "Dichiarazione di Diritti e Responsabilità" di Facebook.
1) Non si potrà creare più di un account. Una volta rimosso un profilo, bisognerà chiedere l'autorizzazione per poterne attivare uno nuovo. In questo modo Facebook vuole evitare il proliferare di finti account, soprattutto nel caso dei giochi online o di adesione a gruppi politici.
2) Non si potrà "taggare" o inviare mail ad un utente senza il consenso preventivo. Si vuole evitare, in questo modo, la pratica del tagging su foto e documenti che possono rivelare informazioni personali di un utente a sua insaputa. Facebook prova così anche a rispondere alle recenti obiezioni arrivate dall'Unione Europea che intende aprire un'istruttoria sulla privacy contro Facebook e Google +1.
3) Le agenzie pubblicitarie potranno accedere ai dati personali degli utenti, ma non potranno più trasferirli all'esterno. Si cerca così di frenare il "business dei dati personali" che stava prendendo piede tra le compagnie più spregiudicate.
4) Le applicazioni terze potranno accedere a un maggior numero di informazioni (i nomi degli amici, il genere sessuale, le foto del profilo, la località in cui si vive o da cui ci si connette con il computer). Queste informazioni tenderanno a diventare sempre più pubbliche. Il che deve essere letto nell'ottica di "twitterizzazione" di Facebook: diventare un social network sempre più aperto e meno privato.
Per il momento, le reazioni degli utenti non sembrano molte preoccupate. Nella versione italiana dei documenti si trovano molti "like" e commenti frettolosi di assenso ("Ok, va bene"). Solo qualche utente sottolinea che: "Non ci penso proprio a leggere tutto. Anche se utile, non ho tempo ne voglia. E così credo molti altri utenti. E questo è un dato di fatto di ciu tenerne conto, se volete realmente un feedback. Dovreste evidenziare solo le modifiche rispetto allo statuto attuale. Allora potrei leggerlo. E con me molti altri utenti". C'è poi chi contesta le nuove funzionalità di localizzazione automatica: "Non capisco perchè sia necessario raccogliere informazioni sul dispositivo usato per l'accesso e sul browser, ma soprattutto perchè raccogliere informazioni sulle pagine visualizzate". E qualcuno storce il naso anche per la condivisione pubblica dei dati: "Non sono d'accordo, voi caricate i nostri dati, poi in qualunque momento li potete dare a chiunque".
In generale comunque sono davvero pochi gli utenti che stanno intervenendo: siamo nell'ordine delle migliaia, davvero una piccolissima minoranza di quegli oltre 400 milioni di utenti attivi che continuano a condividere risorse online, ignari di ogni diritto o rischio.
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